DELIO ROSSI, IL PROFETA

Il fine carriera spesso per un viene vissuto come fosse un lutto, altri invece arrivano più preparati percependo prima i sintomi della “Fine” agonistica o ancora c’è chi lo programma strappando qua e là un contratto per provare a dire – giocando – ancora qualcosa, magari con la presunzione di poter insegnare ai più giovani. Resta un affievolirsi del loro corpo e della loro forza mentale.

Su Delio Rossi sarebbe bene non sbilanciarsi, ma di fatto la sua carriera da calciatore la conclude nella Fidelis Andria collezionando 15 presenze nel primo anno dell’allora C1 (1989/90), dopo la storica promozione di Fano. Centrocampista di contenimento, a volte difensore e all’occorrenza fluidificante di destra. Era la Fidelis di Franco Vannini, subentrato all’esonerato Carlo Soldo, che riuscì ad ottenere la salvezza con largo anticipo piazzandosi al nono posto.

Probabilmente nessun sintomo depressivo post-carriera per Delio che fu incoraggiato a perseguire la carriera da tecnico dallo storico direttore sportivo Giuseppe Pavone artefice del “Foggia dei miracoli” assieme al boemo Zdeněk Zeman che fu per lui ispirazione ma mai emulazione perché come Delio Rossi ha sempre sostenuto il 4-3-3 zemaniano era “un affare irripetibile” sennò dallo stesso boemo. Inizia nel Torremaggiore, in Promozione, sino ad approdare nel calcio che conta, sulle panchine che contano.

Ebbene quando riesci a fare l’impossibile, o meglio l’incredibile, chi ti sta attorno ne beneficia nel senso di emozioni e gioie e tu diventi qualcosa che ha a che fare con la divinità portandoti ad essere un Profeta. Così lo definirono i tifosi granata dopo la prima promozione storica in Serie A nella stagione 1997-1998 della Salernitana di Pavone, mentre in campo si affacciavano alla ribalta del calcio italiano calciatori come Salvatore Fresi, Gennaro Gattuso, Ighli Vannucchi e Marco Di Vaio. Per capire la portata del personaggio, nel gennaio 1999 la dirigenza, vista la crisi di punti e di una classifica deficitaria, chiamò Francesco Oddo al posto di Rossi, ma la tifoseria insorse costringendo il presidente Aniello Aliberti a trattenere Mister Delio.

Questa è la storia calcistica, in versione Mister, di Delio Rossi e ne possono dar prova i “credenti” pallonari non solo di Salerno ma anche di Palermo, Lecce e di Roma sponda biancoceleste.
Nel gennaio 2002 subentra ad Alberto Cavasin sulla panchina del Lecce, e la stagione si conclude con la retrocessione Serie B.

Nel 2002-2003 conquista la promozione in Serie A con i giallorossi e l’anno successivo guida il Lecce al 10º posto finale e alla salvezza in Serie A, grazie anche a due vittorie di fila contro la Juventus al Delle Alpi (prima volta per i salentini) e l’Inter al Via del Mare.
Nella Lazio vive il momento più importante dove porta a casa una qualificazione alla Champions League nella stagione 2006-2007 e vince la Coppa Italia dopo i calci di rigore nel 2009 contro la Sampdoria di Antonio Cassano e Giampaolo Pazzini. Lascia la Lazio dopo aver vinto un po’ di derby ed aver fatto un po’ di bagni per festeggiarli nella fontana del Giannicolo. Poi approda al Palermo dei talenti Javier Pastore e Fabrizio Miccoli conquistando un quinto posto nella sua prima stagione e approndando nella stagione successiva nel 2011 in Finale di Coppa Italia persa contro l’Inter di Leonardo.

Ad un certo punto della sua carriera, fatta spesso di bel gioco, di tanti giovani lanciati, poche sostituzioni – statistiche alla mano – , grandi vittorie con presidenti importanti e vulcanici, ognuno a modo suo, come Aniello Aliberti, Claudio Lotito e Maurizio Zamparini, il Profeta incontra la sua umanità perdendo la sua aurea divina quando approda alla Fiorentina e in un pomeriggio forse ridimensiona la sua carriera sostituendo – scherzo del destino visto la curiosa statistica – un ragazzino serbo di nome Adem Ljajić. I media ne hanno scritte di parole su chi aveva torto e su chi aveva ragione ma vogliamo immaginarci Delio, che quando allenava i dilettanti e andava in giro con il suocero a rubare i birilli dell’Anas per usarli agli allenamenti, con la semplicità del lavoratore da campo e sul campo, che dopo la “scazzotata” a Ljiaic entrò in sala stampa e disse: ”Ci sono alcune cose su cui non transigo, il rispetto alla mia persona, alla squadra, ma soprattutto alla mia famiglia. E sono successe cose che hanno toccato queste situazioni”. Come allora siete liberi di divedervi sulle ragioni.

Dopo quell’episodio il suo lavoro e il suo essere uomo nel mondo del calcio, e forse il suo essere scomodo perché macchiato da quella vicenda, hanno un’inflessione. Prova ne è la conclusione dell’avventura con il Bologna qualche anno fà nonostante venisse da un promozione in Seria A con i felsinei ai danni del forte Avellino di Luigi Castaldo.
Fortunatamente le carriere di allenatore non risentono dell’età anagrafica e quindi auguriamo a Delio Rossi “Il Profeta” di ritornare presto sulle panchine che contano e di essere noi nostalgici della Fidelis orgogliosi di avergli visto indossare la nostra maglia.

(Foto: Fidelis Andria-Sambenedettese 0-0 del 12 Novembre 1989)

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