GIANLUCA PETRACHI, TUTTI GIÚ PER TERRA

Parte dalla sinistra, rientra, tre difensori si “siedono” letteralmente. Lentamente sul primo palo la palla, accarezzata di destro, supera il portiere. Corre sotto la curva ospiti, dal lato della rete gonfiata, festeggia fuori casa, ma lui è a casa.

“Ci sono nel calcio dei momenti che sono esclusivamente poetici: si tratta dei momenti del «goal». Ogni goal è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica.”

Così Pier Paolo Pasolini concentrava, a suo modo, il momento estremo del calcio, la sua finalizzazione: il goal. Dietro ogni momento che corrisponde ad un goal realizzato si edificano storie, nostalgie, drammi ed entusiasmi, dolori e rivincite. E forse Gianluca Petrachi, il protagonista della storia che raccontiamo, ognuno di questi sentimenti lo provò in quella notte tra le mura di una casa che sognava sua e che violó con la sua classe da esterno fantasioso ed imprevedibile.

Quella casa era il “Via del Mare” di Lecce, città che diede lui i natali. I giallorossi – 1992/1993 – conquistarono la massima serie aggiudicandosi l’ultima posizione utile per il salto decisivo, veniva da diciannove risultati utili consecutivi ed era egregiamente allenata da “Maciste” Bruno Bolchi. Ma quella sera la Fidelis Andria, targata Giorgio Rumignani, sorprese tutti per coraggio e sfrontatezza, surclassando i salentini con le funamboliche intuizioni da destra di Petrachi e di uno scatenato Mauro Nardini sul lato opposto. Finì uno a zero per i biancazzurri, una vittoria storica dal sapore del grande calcio e di grandi palcoscenici e sopratutto di una futura salvezza in quella stagione per i biancoazzurri .

Quella sera si consumò uno dei momenti che nella storia del calcio si ripetono incessantemente, adesso inflazionati dall’assenza di bandiere e da calciatori molto professionisti e poco calciatori, il cosiddetto gol dell’ex. La sua fu una rivincita, a detta sua. Una delle cose più belle che potevano capitargli per dimostrare che il caso o gli altri – gli avversari giallorossi – avevano sbagliato sul suo conto e che la struttura poetica costruita dagli dei del pallone aveva scolpito la vendetta, ma senza rancore, una nuda e cruda vendetta sportiva.

Petrachi, ragazzo di poche parole e molti fatti, visse la sua esplosione calcistica proprio in quei due anni – uno di C1 e l’altro di Serie B – alla Fidelis Andria, collezionando 65 presenze e 9 gol per poi calcare palcoscenici della seria A e non solo, sino alla militanza nella  Championship inglese tra le file dello storico Nottingham Forest che fu del leggendario Brian Howard Clough. E proprio quando smette da calciatore nella sua terra, poco lontano dal Salento a Taranto, che inizia subito un’altra avventura dietro la scrivania, perchè chi sa giocare a calcio di calcio inevitabilmente ne capisce, da dirigente e direttore sportivo. Spesso succede, altre volte no.

Cosa può fare un vero fuoriclasse se non stupire. Tra il 2006 e il 2008 è stato il direttore sportivo del Pisa, che sotto la guida tecnica di Piero Braglia conquistò la promozione dalla Serie C alla Serie B e poi, con Gian Piero Ventura in panchina sfiorò quella in Serie A persa solo ai play-off proprio contro il Lecce del nostro grandissimo ex tecnico Giuseppe Papadopulo. Incroci pallonari. Come sempre la poetica del calcio costruisce corsi e ricorsi storici in seno ad una spartizione di gioia e dolori anche a distanza di quasi 15 anni da quella notte memorabile per i più nostalgici biancoazzurri, e per lui calciatore alla ribalta della Fidelis Andria. Ma Gianluca, come quella sera nei primi anni ’90 calcava quella fascia, così continua il suo percorso da direttore sportivo nella stagione 2009-2010 al Torino a tutt’oggi ed almeno fino al 2018 anno di scadenza del suo contratto. Nella sua gestione il Toro è passato dalla serie B agli ottavi di finale di Europa League. Non male.

Gianluca Petrachi diventa campione, con la felicità del Patron Urbano Cairo e la determinante collaborazione del tecnico Gian Piero Ventura, di plusvalenze milionarie che hanno permesso al Toro di reinserirsi nelle grandi del calcio italiano e diventare bottega cara per tutti puntando, tra l’altro, su molti calciatori italiani: basti pensare a Ciro Immobile, Matteo Darmian, Danilo D’Ambrosio (dalla Lega pro), Angelo Ogbonna, ma anche stranieri come il serbo Nikola Maksimović ed il brasiliano Bruno Peres.

Oggi come allora, Petrachi va deciso per la sua strada utilizzando il suo talento prima da calciatore ed ora da direttore sportivo posizionandosi tra i migliori, anche a livello Europeo. Il suo curriculum vanta anche la soddisfaziione di rifiutare un offerta di circa 65 milioni di euro dall’ Arsenal per Andrea Belotti – clausola rescissoria da 100 milioni di euro con rinnovo per “Gallo” – , ma se l’aveste visto “sedere” ripetutamente i suoi avversari su quella fascia destra probabilmente non sareste sorpresi.

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