EGRI SI É FERMATO AD ANDRIA

Proviamo ad incrociare le storie di due personaggi che tra loro hanno poco o niente in comune, ma che in un’altra storia, quella del calcio andriese, si incontrano a loro insaputa: la storia di Francesco De Pinedo e di Ernő “Egri” Erbstein.

La storia di Francesco De Pinedo, aviatore e Generale italiano nel periodo fascista, autore di transvolate storiche simbolo dell’Italia mussoliniana bellica e testa d’ariete della propaganda fascista che nel 1927 mise a segno un incursione verso l’America Latina, gli Stati Uniti e il Canada. La sua impresa solitaria svolse un ruolo di richiamo propagandistico nei primi anni del regime e con gli anni del consenso il regime stesso puntó tutto su una forma di eroismo di gruppo che testimoniasse la disciplina e l’organizzazione dell’Italia mussoliniana che si evince nel libro Le ali del potere. La propaganda aeronautica nell’Italia fascista di Eric Lehman che As tal proposito scrisse «Dapprima funzionale alla strategia fascista di appropriazione dell’identità interventista, questa identificazione ebbe poi una collocazione centrale nella pedagogia totalitaria svolta dal regime che intendeva operare sugli italiani una rivoluzione antropologica per infondere loro quelle virtù di cui la propaganda bellica aveva dotato gli assi: Determinazione patriottica, energia e coraggio indomabili, spirito di sacrificio ».

Prova di ciò e che nel 1928 viene affiliata per la prima volta alla Federazione Italiana Giuoco Calcio, una Squadra di Calcio Andriese, l’ Unione Sportiva Fascista De Pinedo che disputa due campionati FIGC, la Terza Divisione pugliese della stagione 1928-1929 e la Seconda Divisione nella stagione successiva. Quel 1928 ora è stampato sulla maglie e sullo scudetto dell’attuale Fidelis Andria.

E qui che sì incontrano le storie: del calcio Andriese, dell’Aviatore fascista e nobile e di un ungherese-israelita di nome Ernő “Egri ” Erbstein che, frammenti di notizie, dicono abbia allenato nel 1928 – dopo aver smesso di giocare negli Stati Uniti a Brooklyn – proprio la De Pinedo fondata dal Presidente Amerigo De Meo ed altri con sede in Corso Cavour.

Strana la vita e le vicende che si intrecciano perchè esattamente dopo 10 anni Erbstein fu costretto a fuggire per via delle Leggi Razziali fasciste del 1938 da Lucca e dalla sua storica lucchese del quinquennio ’33 -’38 e dopo da Torino aiutato dal Presidente del Toro Ferruccio Novo. Riuscì a tornare in Ungheria, ma dopo l’occupazione nazista del 1944 fu imprigionato in un campo di lavoro da cui riuscì a scappare ed a fine conflitto rientrare a Torino.

Rientra a Torino per completare il lavoro assieme a Ferruccio Novo, che continuó anche Durante la guerra, nella costruzione della squadra Italiana più forte di tutti i tempi. La squadra del capitano Valentino Mazzola, di Maroso e di una miriade di talenti messi assieme in un periodo in cui il calcio cambiava e si trasformava nonostante il sangue e la morte della Seconda Guerra Mondiale. Erbstein, che era già allenatore del Torino prima che Novo lo acquistasse, divenne il prototipo moderno del direttore dell’Area Tecnica di un Club che fece il Grande Torino modello di organizzazione, con un florido vivaio ed una rete di Osservatori impressionante. Egri aveva grande fama di istruttore di calcio e di preparazione fisico-atletica ma   aveva quel senso pratico e di ricerca che convinse l’allenatore del primo Grande Torino Vittorio Pozzo a modificare i suoi convincimenti tattici che prevedevano il doppio difensore centrale più un centro-mediano-metodista che iniziava la costruzione del gioco ad una difesa a tre con due centrocampisti centrali di rottura e costruzione ed il resto con la fantasia delle mezze ali, la velocità degli esterni ed il centravanti.

Quel Torino vinse cinque  scudetti consecutivi, dal 1942  e nel 1949 i granata erano già matematicamente Campioni d’Italia quando l’aereo sul quale viaggiavano, tornando da un amichevole contro il Benfica, si schiantó  sulla collina di Superga. Era il pomeriggio del 4 maggio 1949. A bordo, oltre alla squadra c’era anche l’artefice di quella ininterrotta serie di trionfi, ch’erano valsi alla Squadra l’appellativo di “Grande Torino“: l’allenatore  era Ernest “Egri” Erbstein .

Ebbene, ci sono tracce seppur piccole che fanno pensare che Egri sia passato in terra federiciana, che abbia passeggiato su Corso Cavour sino al campo dove ora sorge lo stadio Degli Ulivi. Che abbia insegnato o sperimentato, probabilmente con pochissimi allenamenti qualcosa che poi hanno ereditato le squadre a cui ha dato storia e vittorie, non solo con il Torino, ma anche la Lucchese ed il Cagliari. Che abbia schierato il talento della De Pinedo Peppino Carpentieri come fosse  Gabetto o Menti negli anni quaranta.

Probabilmente, assieme alla storia certa,  queste tracce di storia saranno leggende o trascrizioni errate ed incomplete. Sono passaparola che sì modificano di bocca in bocca. Ma il calcio è sempre un pretesto per parlare di altro e per ricordare l’indimenticabile ed il meraviglioso. Sì, perché come scrisse Carlin di Tuttosport all’indomani della tragedia aerea di Superga “quella squadra era troppo meravigliosa per invecchiare”.

Sarebbe bello immaginare che queste storie intrecciandosi diventino tassello della storia del Calcio Andriese.

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