ANGELO CARPINETA, UNA BOMBA DI RECORD

La bellezza del calcio ci spinge a raccontare storie che vanno oltre una vittoria o un gesto tecnico. Storie che raccontano di uomini e valori come la lealtà sportiva e l’attaccamento alla maglia.

“Le bandiere non esistono più” é un luogo comune usato troppo spesso dai nostalgici del calcio di una volta, poco abituati alle vicende del calcio moderno dove ormai il Dio Denaro la fa da padrone e la fedeltà di un giocatore per una squadra é pari a quella di un film rispetto al libro da cui è tratto.

Ci viene spontaneo ricordare alcuni calciatori passati alla storia per aver indossato una sola maglia per tutta la carriera, tra gioie, dolori e magari con qualche retrocessione, resistendo alla tentazione del tradimento.

Il primo pensiero va a Gigi Riva, detto Rombo di tuono, divenuto simbolo del Cagliari non solo per la vittoria dello scudetto del 1970 – l’unico scudetto della storia del club – ma soprattutto per aver rifiutato l’offerta della Juventus.

Come non dimenticare Giacomo Bulgarelli, per tutti Giacomino l’Onorevole, 17 anni con la maglia del Bologna. La decisione di non tradire la squadra della propria città gli ha fatto vincere molto meno di quanto avrebbe meritato ma quello scudetto vinto in rossoblú vale più dell’offerta proposta dal Milan.

Infine Giancarlo Antonioni, il Putto di Firenze, gioca 17 anni col giglio sul petto per vincere solo una Coppa Italia ma con zero tentazioni di indossare altre maglie.

Anche la Fidelis Andria ha la sua bandiera: Angelo Carpineta. Difensore roccioso col vizio del goal nato a Pietraferrazzana (CH), un paesino di 130 abitanti della Val di Sangro. Ha cominciato giovanissimo la sua carriera nel Chieti prima di arrivare ad Andria nell’estate del 1984. In biancoazzurro gioca per 7 stagioni collezionando 271 presenze e 37 reti, record di presenze e reti ancora oggi imbattuti.

É stato capitano e leader, perché spesso le due cose coincidono e chiunque tenga ai colori biancoazzurri, per loro, quella fugura dava sicurezza e certezza nel lottare su ogni pallone, su ogni campo e contro chiunque.
Le sue punizioni, forti e precise, erano l’arma in più della Fidelis di allora: un marchio di fabbrica del capitano.

Ancora oggi i tifosi sognano di rivedere Angelo sul terreno del Comunale, sistemare la palla con cura e tirare la bomba.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *