IL BENVENUTO DEL TAMBURINO

Immagino il volto del numero 9 del Cosenza che guarda i nostri calciatori, con un aria disegnata del più docile sarcasmo, dandogli del benvenuti. Era la prima sconfitta della Fidelis Andria al primo anno in Serie B dopo il pareggio all’esordio in casa con la Lucchese e Gigi Marulla, attaccante e capitano dei Bruzi, ne fece due di gol rispettivamente allo scadere del primo e del secondo tempo quasi come uno sberleffo pallonaro dei più dolorosi. Si giocava a livelli tecnicamente alti e con stadi strapieni di colori, passione ed identità. Contro la Fidelis ha giocato 8 volte e segnato 3 reti.

Ma non fatevi ingannare, perché nello sport e nel calcio vero, le sfide sono amare o gloriose. Creano passaggi storici indimenticabili e quell’aria sarcastica l’abbiamo solo immaginata per romanzare quel disegno di un mondo che i calciatori biancoazzurri ed i suoi tifosi stavano conoscendo: il calcio che conta. Ma anche perché Gigi Marulla, raccontano, non sia mai stato un uomo cattivo, ma la sua cattiveria era agonistica e tecnica dall’alto dei suoi 175 centimetri di potenza ed astuzia nel beffare puntualmente i difensori avversari.

Eh si, parliamo al passato, perché Gigi Marulla, storica bandiera del Cosenza, è morto a 52 anni, stroncato da un infarto rapido come il suo sgusciare da ogni dove nelle aree avversarie. L’ex bomber rossoblù, che nel Cosenza ha giocato per undici stagioni tra gli Anni ‘80 e ‘90 – tre in C1 e otto in Serie B – disputando 330 partite e 91 reti, si trovava nella sua residenza estiva di Cavinia, sul Tirreno cosentino, quando è stato colto dal malore improvviso.

La favola di Marulla comincia da Stilo, sua città natale, a pochi chilometri da Reggio Calabria considerato tra i borghi più belli d’Italia situato tra le Serre Calabresi ed il mare e proprio un suo compaesano ma non contemporaneo il filosofo Tommaso Campanella sosteneva come Telesio che la natura vada conosciuta nei suoi propri principi, che sono tre: caldo, freddo e materia. Esattamente gli elementi del Tamburino di Stilo, suo soprannome, che nasce tra il caldo del mare ed il freddo dei monti calabresi rappresentando la propria materia con quello che meglio sapeva fare: il gol.

Qualcuno lo paragonò al tedesco Gerd Müller per la sua piccolezza e forza fisica, forse Pippo Inzaghi lo ricordava per la sua vena opportunistica. Ma lui lì davanti faceva reparto da solo – come dicono quelli bravi – ma spesso ha giocato, divenendo poi coppia mitica dei rossoblu, con La Canna tanto da fargli diventare entrambi protagonisti di un coro al sapore di tetraidrocannabinolo sulla note del catanese Umberto Balsamo in “Balla” che faceva più o meno così: “Rulla, Marulla La Canna, tutta la curva si sballa”. Che bello il folclore.

Non ha mai giocato un seria A per sua scelta e per amore del Cosenza. Nella stagione 1991/1992 sfiorò la promozione nella massima serie svanita solo all’ultima giornata contro il Lecce al “Via del mare”, con 15 mila cosentini al seguito. La gara terminò 1-0.

Difficilmente ogni squadra ed ogni piazza istantaneamente si possono collegare a delle persone o a dei calciatori come ad esempio Napoli con Maradona e Messi con il Barcelona. Marulla lo è indiscutibilmente con il Cosenza tanto da intitolargli il 21 settembre 2015 – anno della sua scomparsa – lo stadio San Vito.

Il suo cuore si fermò, ma non la sua leggenda: Gigi, il Tamburino di Stilo, che ci diede il benvenuto.

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